Le fasi che appaiono più significative per l'impianto, la crescita e l'affermazione dell'abbazia benedettina di San Michele della Chiusa possono essere così riassunte:
- la fase preromanica e ottoniana;
- la fase protoromanica;
- la fase del maturo romanico;
- la fase del primo gotico;
- la fase del gotico maturo.
La fase protoromanica
Coincide con l'erezione di quella struttura che restituisce forse una immagine di quanto voluto da Ugo di Montboissier e che prende il proprio avvio proprio negli anni a cavallo tra il primo e il secondo millennio: essa è resa complessa dal fatto che nel vorticoso succedersi delle attività edilizie dei monaci l'accavallamento di iniziative differenti, sempre pensate con l'obiettivo di essere al passo con i tempi con modelli di alto profilo, non ha mai visto nulla portato effettivamente a compimento.
O, quanto meno, questo atteggiamento non ha consentito che si conservasse alcuna fase espressa in forma unitaria delle architetture intraprese.
Osservando i corpi occidentali esistenti e analizzando gli accertamenti del D'Andrade si può rilevare come esista un problema non indifferente nello studio delle chiese monastiche piemontesi della prima epoca romanica di cui abbiamo qualche significativa testimonianza: esso è costitutito dall'articolazione dello spazio, per monaci e laici, che si pone tra l'altro per la Sacra di San Michele: qui dobbiamo notare che non sappiamo molto di quella chiesa che risulta, con lo scarto di qualche anno, coeva alla fondazione fruttuariense di Guglielmo da Volpiano. Ora, mentre quest'ultima, grazie agli scavi archeologici condotti da Luisella Pejrani, abbiano ora una discreta serie di dati, della Sacra sappiamo ben poco, se non quanto ipotizzato dal D'Andrade sulla base di una serie di rilievi di fondazioni rivenute in corrispondenza, pressapoco, delle attuali navate centrale e meridionale: i disegni di rilievo restituitici da D'Andrade ci offrono uno sviluppo planimetrico che richiama molto da vicino la tipologia coeva della Novalesa, scavata dalla Cantino: si veda in particolare la tipologia delle absidi semicircolari con lesene, che si sovrappongono nella congiunzione tra quella centrale e le laterali.
Certamente la zona sud-occidentale (qui la posizione sul piccol del Pirchiriano aveva posto sostanziali condizionamenti all'effettivo orientamento) rimasta in piedi col nome di "coro vecchio" e le tracce che D'Andrade aveva individuato come abside sud, lasciano pochi dubbi sul fatto che si intravede una modesta chiesa (di cui tuttavia non mi pare verosimile la ricostruzione dello sviluppo complessivo a suo tempo tentata dal D'Andrade, con pochissimi spazi - anche per quei tempi - atti a ospitare gli altari. Mi resta il dubbio (stante la Chronica scritta da Guglielmo) che in quell'impianto la chiesa potesse fruire quali cripte collegate alle navate, le tre chiesette più antiche erette progressivamente al piano più basso del colle e che risultavano pressapoco abbarbicate, un po' spostate a nord, sotto e contro le absidi della chiesa protoromanica. In questo senso, come già accennavo, lascaletta che fu la parte riaperta dal D'Andrade, potrebbe essere coeva delle celle originarie a oggi conservate.
L'insieme dei muri che compongono quanto oggi denominato "coro vecchio" resta, per molti aspetti un enigma, se lo si vuole assolutamente connettere a un impianto della chiesa. Basterà accennare ai seguenti problemi: posizione, tagli e aperture dei vani finestre e, forse, di originarie porte; posizione e forma del muro che oggi completa la navata meridionale ad occidente, sistema di collegamento dei plastri gotidci al predetto muro.
Certo è che questa zona riveste una particolare importanza, almeno su due livelli (quello del coro e, principalmente, quello sottostante del cosiddetto "appartamento del vescovo"), in quanto questa era in effetti l'unica zona possibile di transito, di collegamento interno al recinto, tra i corpi meridionali e quelli settentrionali del complesso abbaziale: gli archetti pensili (che potrebbero essere dell'XI secolo) in pietra che si trovano nel punto in esame, con i sottostanti affreschi stratificati raffiguranti la Crocifissione, sono però l'unica testimonianza dell'importanza di questo luogo.
Più problematica resta la comprensione - e, in un certo senso la ricostruzione per congetture - degli edifici abbaziali di questa fase: non ci sono studi puntuali al riguardo, ma l'esame di alcuni aspetti formali-strutturali di quanto ipotizzabile come fasi medievali, lascia poco spazio a fondate ipotesi. Solamente gli ambienti con grandi volte a botte sottostanti il "coro vecchio" e la "foresteria" possono essere assegnati con relativa attendibilità a questo primo periodo di affermazione dell'abbazia nella quale dovevano già funzionare tutte le attività che Guglielmo menziona nella Chronica.
Gli stessi edifici abbaziali meridionali, infatti, così come il perimetro del recinto settentrionale, con le loro belle aperture centinate in regolare apparecchio murario è fortemente probabile che siano contemporanei alla successiva chiesa abbaziale del XII secolo. Mentre le campate di chiostro a sud della basilica, con begli archi a tutto sesto su pilastri distrutte da D'Andrade erano forse addirittura del XV secolo.
Pino Carità, Architetto
Sabato 20 Maggio 1995