Le fasi che appaiono più significative per l'impianto, la crescita e l'affermazione dell'abbazia benedettina di San Michele della Chiusa possono essere così riassunte:
- la fase preromanica e ottoniana;
- la fase protoromanica;
- la fase del maturo romanico;
- la fase del primo gotico;
- la fase del gotico maturo.
La fase del primo gotico
Gli aspetti della fase del primo gotico che ci interessano specificamente vanno ricercati in due punti della Sacra: gli edifici abbaziali a nord delle chiese e la chiesa superiore del basamento.
A questo punto l'iniziativa dei monaci pone una nuova base di partenza, ormai molto più avanzata anche rispetto alla concezione che aveva dominato la creazione del possente "basamento" delle absidi; ed è qui che si innesterà l'opera dei magistri operosi per le ultime due campate realizzate nei primi decenni del secolo XIII. Il cantiere vercellese di Sant'Andrea, avviato per iniziativa del celebre cardinale Guala Bichieri, messo papale nelle corti d'Europa, e certamente noto per il suo alto profilo culturale, può avere costituito lo stimolo per un aggiornamento artistico di un cantiere che, proprio per la rivendicata centralità, non poteva permettersi di apparire superato.
L'impianto avviato per la basilica non poteva certamente essere smantellato e, forse, neanche interamente smentito (tanto che per un presumibile principio di simmetria, alla seconda campata archiacuta se ne fa seguire una terza a pieno centro: l'idea del "quadrato", e quindi della simmetria, considerata dal Bogino), ma in ogni caso non si seguì la strada di più meditata continuità che contraddistinse la prosecuzione dell'edificio-modello, il duomo di Piacenza. Alla Sacra il nuovo tipo di supporto che, dalla seconda campata, viene realizzato nel terzo decennio del Duecento si ispira appieno ai canoni della nuova regola gotica (e presenta un profilo planimetrico forse codificato, quale risulta, autorevole riscontro, nel taccuino di Villard d'Honnecourt). Il carattere delle decorazioni plastiche dei capitelli, che presenta aspetti stilistici differenziati tra le strutture delle due campate gotiche, suggerisce ancora la possibilità di una distinta terza fase del cantiere che tuttavia, nell'arco di due-tre decenni prosegue per poi interrompersi definitivamente.
Se l'impianto spaziale non viene nella sostanza smantellato, il nuovo reticolo strutturale-formale assume una fisionomia di assoluta coerenza "moderna" e ogni linea dei supporti verticali si connette in perfetta sincronia di linee e di piani con gli elementi curvi delle arcate e delle crociere. I supporti si articolano in pilastri coronati da capitelli scolpiti a motivi vegetali (e, per la fase più avanzata, anche zoo-antropomorfi) corrispondenti a ognuna delle componenti il supporto e, superiormente, in lesene, costituite da semicolonna affiancata da due colonnine incastonate sul profilo diagonale, che vanno a reggere, sopra un capitello analogo a quello sottostante, gli archi traversi, gli archi formeret e i costoloni. La tecnica muraraia non si presenta omogenea: le colonnine non sono monoliti "en délit" e, di fatto, non sono staccate dalla paretina in diagonale, ma i blocchi dei differenti corpi non sono stati disposti secondo piani omogenei. Va inoltre messo in evidenza il fatto che nella fase di epoca gotica la tessitura muraria con l'articolazione in fasce orizzontali alternate, di colore verde e bruno-rossiccio assume un aspetto molto diverso rispetto a quella di epoca precedente; i pilastri presentano una composizione litica che forma bande abbastanza regolari, e così il portale sud, mentre nel portale dei monaci compaiono colonnine "en délit" di diverse tonalità bruno-rossiccio.
Il modulo dei supporti descritti, per quanto relativamente semplice, non trova riscontri nei modelli del primo gotico in quanto le realizzazioni confrontabili presentano, in corrispondenza del capitello del pilastro che regge le campate delle navate o una netta interruzione anche nella forma del supporto superiore, oppure una interruzione della forma del capitello; o, infine, come si vedrà per il caso del Sant'Andrea di Vercelli, presentano continuità del supporto sul fronte verso la navata principale.
Per quanto concerne il volume dell'architettura e l'aspetto funzionale notiamo, malgrado le sovrapposizioni di questo inizio secolo come l'aggiornamento tecnico formale abbia immediatamente cambiato le procedure che caratterizzano l'impianto tardoromanico. Sul prospetto sud, poco oltre la lesena che ispessisce la muratura perimetrale, in corrispondenza della prima campata, notiamo che la tessitura muraria varia anche con l'inserimento di una finestra archiacuta bifora (e la variazione, non continua su tutta la parete, potrebbe anche significare un rifacimento parziale di una muratura già esistente); ma, in rapporto alla scansione della seconda campata, troviamo un contrafforte a sezione variabile originario della fase gotica dell'edificio. Sulla parete nord lo scaricamento delle spinte delle volte avviene contro le pareti del campanile.
La presenza dei due portali a sud e a ovest dell'edificio del periodo gotico (le sculture sono datate da Enrica Pagella attorno al 1230) configura un sistema fruitivo della chiesa che non consente di comprendere chiaramente il piano dei progettisti. Infatti i capitelli più tardi, corrispondenti al lato occidentale della terza campata, risultano completi (e ora sono in parte inseriti nella muratura di tamponamento occidentale) per cui erano pensati in funzione di una ulteriore campata verso una facciata più avanzata; ma contemporaneamente ci troviamo il cosiddetto "portale dei monaci" che chiude la navata settentrionale facendo presupporre che si fosse pensato di completare il volume della chiesa a questo livello: e qui tornerebbe una concordanza con la lettura dello spazio effettuata dal Bogino. Del resto il portale sud, profondamente strombato e con il rilievo di finte colonnine coronate da capitelli di foggia analoga ai rilievi più tardi, fa presumere che in questo punto si fosse determinato l'accesso principale alla chiesa. Ma l'accesso da sud (anche mediante un eventuale nartece) era praticamente obbligato dalla conformazione orografica.
Pino Carità, Architetto
Sabato 20 Maggio 1995