Una visita anche veloce alla Sacra pone il visitatore e lo studioso di fronte a una serie di problemi figurativi e di scambi culturali a scala europea straordinari.
Gli oggetti che si vedono devono essere decifrati riferendoli a un quadro territoriale e culturale più ampio della sola Sacra e area di influenza.
Per esempio, la "Porta dello Zodiaco" firmata dallo scultore Nicolao è giustamente famosa per il suo livello di esecuzione eccezionale nelle parti autografe.
Ma qualcuno ha avanzato dubbi sul fatto che il Nicolao della Sacra sia il Nicolao scultore a Ferrara e a Verona, sarebbe curioso e dubbio il suo spostamento così a occidente, fuori dall'ambito della Pianura Padana.
Il Nicolao della Sacra lascia testimonianze di grande intelligenza formale, molto disinvolta e sperimentale, pronta ad assimilare culture diverse e a tradurre queste informazioni in un suo personale quadro, vivace e fitto di figure umane e animalesche, un po' tozze, ma piene di vitalità e simpatia.
L'affinità stilistica con il Nicolao di Ferrara e Verona non lascia dubbi, e non c'è da stupirsi di un tale spostamento: sicuramente c'erano gruppi di lavoro intorno a lui, che operavano sotto la sua direzione in luoghi diversi.
Anche a Piacenza sono ospitate nelle maggiori chiese opere di Nicolao, o di stretti collaboratori, e ancora opere di Nicolao si ritrovano in terre germaniche, nella chiesa di Konigshutter. E' quindi chiaro che esisteva un gruppo di lavoro itinerante tra vari cantieri anche molto distanti, chiamati per qualche motivo che a noi adesso sfugge.
Il movimento di operatori "lombardi" (è proprio il nome tendenzialmente attribuito dalla storia dell'arte a questi specializzati nella lavorazione della pietra) in Europa è comunque ben documentato, e alla Sacra la porta dello Zodiaco è un esempio.
La porta è realizzata in parte con pezzi scolpiti da Nicolao e in parte con pezzi che sembrano prodotti in serie, non dalla stessa mano, ma da uno scultore locale.
La porta, come appare ora, tralasciando la questione del rimontaggio, è prova evidente che la produzione di sculture si sposta nel Medioevo da un grande cantiere a un altro: ciò è anche riportato da fonti scritte, ma è evidente guardando gli oggetti.
Dalle fonti scritte si sa che "lombardi" si sono spostati in Catalogna, nella cattedrale di Ungherel, dove hanno in corso alcuni lavori sulle volte e la cupola, e promettono di finirli entro sette anni o di farli finire ad altri.
Si pone poi il problema molto delicato del rimontaggio della porta.
La porta non sembra essere nata per il luogo dove si trova e il raccordo forzato tra le ghiere degli archi e la disposizione dei capitelli ne è un significativo segnale.
Nella storia degli eventi costruttivi della Sacra c'è un grande dubbio. La piattaforma che si struttura sulla punta della montagna per ospitare la nuova chiesa e lo Scalone dei Morti necessario all'accesso sono stati costruiti in stretto rapporto con la chiesa sovrastante, sono coevi alla stessa e quindi databili intorno al 1160-1180; la porta è invece da datare a 50 anni prima. Questo rende necessario pensare alla provenienza della Porta da un altro edificio. Si è parlato del Sepolcro dei Monaci: ipotesi di per sé plausibile, per la vicinanza dei luoghi, ma è difficile pensare a un edificio con una porta così impegnativa. Potrebbe allora provenire da un altro luogo dello stesso complesso ed essere stata ricollocata nella nuova posizione.
Curiosa è anche la coincidenza che fa rivolgere i committenti della nuova grande chiesa superiore all'ambiente piacentino: come se si volesse continuare ad attingere a quell'ambiente culturale, a partire dal 1130-1140 epoca di Nicolao, fino al 1180-1200, epoca dello Scalone e della parte absidale.
L'area di provenienza dei costruttori-architetti è la stessa, ma molte cose sono cambiate. E' stata costruita la Cattedrale di Piacenza: chiesa di straordinaria modernità, con volte altissime e pilastri giganteschi, retta da un'idea spaziale che si ispira all'ambiente germanico (le grandi chiese e cattedrali tedesche). In effetti gruppi piacentini di costruttori e scultori hanno lavorato in Europa, sicuramente chiamati per esempio dall'abate di St. Deny per costruire il coro gotico della grande cattedrale intorno al 1140. La rete di collegamenti si intreccia e lo scambio di esperienze si infittisce.
Anche alla Sacra si sperimenta architettura nuova, che rimane a noi misteriosa, senza modelli e confronti: per esempio, l'abside con absidine sono uno studio compositivo unico, non più ripetuto, sperimentale.
Altri elementi figurativi della Sacra sono affascinati campi di studio.
La Crocefissione, che alegga alla Sacra come presenza fantasma, collocata in un luogo inaccessibile, sotto le tre arcatelle di cui solo due sono visibili sporgendosi pericolosamente dal grande terrazzo che si apre al fondo della navata sinistra (*).
Questo affresco, che è stato "strappato" e restaurato ne nascondeva un altro, e poi ancora un altro, in una serie misteriosa e affascinante di crocefissioni che a partire dal X sec. arriva al 1360-1370.
Il primo e più antico affresco raffigura un tema affine alla Crocefissione, di notevole fascino anche se ora è quasi invisibile, forse più una Deposizione di Cristo dalla Croce.
Il tema della Crocefissione è invece chiaro nel secondo ed è confermato nel terzo.
Un altro modo di affrontare il tema delle opere d'arte alla Sacra può essere quello di elencare le opere che non sono più presenti alla Sacra e tentare di ricomporre idealmente la ricchezza dell'abazia nei secoli.
Manca nell'abbazia traccia dell'antica Pala d'Altare: alcune piccole parti sono ora conservate nella Galleria Sabauda. Sembra che queste tavole fossero state nascoste nello spazio lasciato tra le ampie finestre dell'abside e una muratura per la chiusura delle stesse costruita in tempi successivi.
C'è un legame figurativo e culturale tra questi pezzi di Pala rimastici e alcuni arffreschi di Avigliana: la Pala sembra quindi legata a una realtà culturale locale e assume per questo estrema importanza.
Si verifica spesso questo qualismo di riferimenti: locale e strettamente legato al territorio di collocazione (la Pala), ma anche di più ampio respiro e rivolto a spazi più lontani (Nicolao, Piacenza e la Germania).
E' curioso ancora notare come le opere d'arte che arredano la chiesa nell'inizio del '500 siano così distinte, culturalmente diverse, tra loro e dall'ambiente edificato in cui si collocano.
Secondo del Bosco da Poirino, l'autore degli affreschi firmati, è un maestro con una presenza documentata nella zona, che qui alla Sacra esprime al meglio la sua arte, di grande tradizione gotica, dalla figurazione nobile e di pregio, ma sicuramente rigida nella tradizione.
La Pala di Defendente Ferrari, sicuramente pensata e dipinta per la Sacra, che ora vediamo un po' manomessa e con altra cornice, aveva invece una grande cornice già rinascimentale, un grande arco di trionfo estremamente "moderno".
Una scelta di modernità certamente intenzionale, in un momento in cui non c'erano grandi disponibilità economiche e i fasti erano passati.
E' possibile pensare che ci fossero committenti diversi, con gusti diversi, per la pala e per gli affreschi: più moderno il primo, forse l'abate commendatario, più tradizionale il secondo, forse il priore claustrale.
In conclusione è evidente come affrontando un tema come quello figurativo in un grande monumento si aprano una serie di dubbi e di problematiche che meritano un'attenzione più approfondita di quanto non sia stata dedicata finora.
Giovanni Romano, Università di Torino
Sabato 22 Maggio 1993
(*) N.d.R. oggi è collocato all'interno della cosidetta Sala Reale, con accesso dal Corridoio dei Canonici.