La Storia e le storie

E' vero che Il Nome della Rosa è stato girato alla Sacra? Quante volte ci è stato chiesto da qualche visitatore che, con il naso all'insù, cercava di scorgere la fine dello scalone dei morti e di capire cosa l'aspettava nella luce abbagliante oltre il varco del Portale dello Zodiaco. Questo è quello che scrive Umberto Eco in una lettera al Rettore dell'Abbazia datata il 20 febbraio 1995. "Caro Rettore ...

La piccola casetta che sorge tra le rovine a nord della Chiesa abbaziale fu costruita nel 1889 come stazione di un sistema di telegrafia ottica militare che serviva a mettere in comunicazione, tra di loro e con Torino, le fortificazioni costruite a difesa del confine francese nel periodo in cui l' Italia aveva aderito alla Triplice Alleanza.

I meccanismi alla base del sistema vennero elaborati dall'allora capitano del Genio Gaetano Faini che trasse spunto da materiali ed esperienze già collaudate durante le Guerre d’ Indipendenza.
All’ interno del baraccotto sul Pirchiriano si trovano: un locale centrale di disimpegno e 2 locali che ospitavano rispettivamente gli apparecchi orientati verso Torino e verso l’ alta valle di Susa. Sulle pareti ed all'esterno si notano ancora mensole in marmo collegabili al funzionamento degli apparati mentre il precedente pavimento recava ancora le tracce delle basi dei treppiedi. Il sistema prevedeva che durante il giorno si sfruttasse la luce del sole con un apparato definito “eliografo” dotato di 2 specchi, di un tasto che ne variava l’ orientamento creando il “lampeggiamento” più vari congegni per un corretto puntamento. Di notte si usavano apparecchiature più complesse che, dopo prime esperienze con semplici lampade a petrolio, prevedevano l’uso di fiamme ad acetilene o, successivamente ossi-acetileniche. Da appositi contenitori contenenti carburo di calcio su cui si faceva gocciolare acqua si otteneva il gas acetilene che bruciando forniva una fiammella molto luminosa. Apposite lenti di diverso diametro (secondo le dimensioni e la portata dell’ apparato) convogliavano la luce verso la stazione corrispondente. Il solito tasto in questo caso muoveva una banderuola che aveva la funzione di interrompere la luce dando origine al susseguirsi di “punti” e “linee”. Detti apparati si definivano diottrici.

Il “baraccotto” della Sacra (il più grande della zona) faceva da ponte tra Torino e la batteria del Pampalù (sulle pendici del Rocciamelone) e di lì le comunicazioni proseguivano per il Moncenisio, Exilles, Susa, i forti della dorsale dell' Assietta fin alla fortezza di Fenestrelle in Val Chisone.

Il Telegrafo Napoleonico di Chappe (periodo 1799-1814) ovvero un “rivoluzionario” sistema di comunicazione:

Per l’ ubicazione dei baraccotti del telegrafo ottico militare sopracitati che dovevano collegare, a fine 1800, Torino con l’ alta valle si ricalcò per alcuni tratti, diremmo imposti dall’ orografia e dalla logica, la linea del telegrafo “a bracci” inventato dal francese Claude Chappe per Napoleone.

Il telegrafo a bracci messo a punto nel 1792 a Parigi dal religioso/scienziato Claude Chappe è stato, in effetti, concepito e realizzato negli anni appena successivi alla Rivoluzione Francese ma veramente rivoluzionari sono stati sia la sua importanza in termini di utilità pratica sia la nuova concezione di stato moderno centralizzato di cui era espressione. Il funzionamento era relativamente semplice e rispondeva, meglio di altri balzani tentativi realizzati precedentemente, all’esigenza molto sentita di trasmettere concetti, ordini, notizie a distanze notevoli con tempi ridotti. Ricordiamo che si parla di periodi in cui per far giungere al destinatario due semplici ma spesso importantissime parole ci volevano giornate a cavallo.

Come meglio visualizzato dalle illustrazioni il sistema si basava su una rete di stazioni, dotate di cannocchiale, che ricevevano e ritrasmettevano messaggi basandosi sulla differente disposizione di un gruppo di tre assi incernierate tra loro che, sostenute da un palo centrale, definiremo per comodità come disposte ad “H”. Un sistema di funi e carrucole comandato dall’interno della “stazione” garantiva le diverse inclinazioni/combinazioni di figure che corrispondevano o a singole lettere o al n. di ordine e di pagina di parole contenute in un grosso libro in dotazione ai responsabili del servizio. Ad esempio due numeri rappresentati uno di seguito all’altro: 45-78 indicavano rispettivamente la 45° pagina e la 78 parola presenti su una specie di vocabolario composto pare da un anziano diplomatico.
La distanza delle stazioni dipendeva dalle condizioni climatiche della zona e dallo “sfondo” su cui si stagliava il “telegrafo” (cielo o montagne..) e poteva andare dai 6 ai 18 chilometri.

Questo sistema all’apparenza farraginoso garantiva la trasmissione di messaggi in un numero limitato di ore in luogo delle giornate impiegate dai corrieri con gran vantaggio specialmente per la trasmissione di notizie e ordini militari in un momento in cui la Francia Repubblicana e poi quella Napoleonica si trovavano a fronteggiare tutte le potenze monarchiche europee.
Dopo la prima linea sperimentale da Parigi a Lille a Claude Chappe ed ai suoi fratelli fu dato l’incarico di costruire e gestire più linee facenti comunque capo a Parigi. Per quella diretta in Italia, dopo un primo tentativo del 1799, si raggiunse Torino nel 1806 con un progetto che prevedeva di collegare Parigi con Venezia passando le Alpi al Moncenisio. Il passaggio delle Alpi comportò problemi logistici non indifferenti non ultimo quello del presidiare costantemente " baraccotti" di legno edificati a quote anche elevate. In Valsusa esistevano delle “stazioni “ sul Rocciamelone (due), alle Combe di Frassinere, alla Sacra di S.Michele , alla torre di Buttigliera Alta e presso il castello di Rivoli.
Tra l’altro il vento Valsusino impose prepotentemente una modifica tecnica alle palette mobili che furono realizzate a lamelle tipo quelle delle gelosie per opporre meno resistenza al moto violento dell’aria.
La linea per Venezia (raggiunta nel 1810) fu realizzata e funzionò con mille comprensibili difficoltà ma i rovesci militari di Napoleone portarono al suo abbandono avvenuto nel 1814; rimasero solo problemi e polemiche dovuti ai mancati pagamenti dei salari agli “stationnaires” ed alle sparizioni del materiale in dotazione; di essa non si trovano più tracce.

L’invenzione di Chappe fu utilizzata però ancora per molto tempo ed ancora nel 1844 in Francia esisteva una rete di 5000 Km coperta da 534 stazioni. In Piemonte, per scopi militari, s’impiegò dal 1848 un modello di telegrafo di Chappe perfezionato dall’ing. Gonella. Una sala di “Experimenta” 2001 a Torino è stata dedicata alla telegrafia di Chappe

Maggiori ed interessanti informazioni si possono trarre dall’articolo della prof.ssa A. Lange apparso sul numero di dicembre 1985 di “Segusium” nonché compiendo ricerche su Internet alle voci”Telegrafo” e “Chappe”

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