Dell'antica biblioteca di San Michele restano attualmente solo pochi manoscritti ed alcuni frammenti: il suo fondo librario è andato disperso e difficoltosa sembra la sua ricerca perché, a giudicare da quelli rimasti, i codici clusini non portavano scritte di possesso e neanche sono rimasti conservati inventari antichi della biblioteca (il più antico di essi è del 1621, di un anno precedente la soppressione del monastero!)
La provenienza si desume da elementi interni, ovvero da riferimenti nelle parti scritte a fatti, riti liturgici, fonti letterarie tipicamente di San Michele.
Il XV secolo
Agli inizi del '400 si copia ancora una volta la Chronica monasterii Sancti Michaelis Clusini, manoscritto conservato all'Archivio di Stato di Torino, non decorato.
Sempre a quest'epoca risalirebbe l'affresco celebrante le origini di San Michele della Chiusa, oggi del tutto perduto e testimoniato solo più da un antico disegno tardo cinquecentesco.
Una traccia ancora dei testi presenti in San Michele risale al 1441, quando il capitolo generale concedere in prestito per 7 anni al camerario del monastero, Guglielmo Davicosi, due manoscritti della Summa di Enrico di Susa. Il prestito viene concesso con obbligo di ipoteca dei beni personali del monaco e "colla rifatta dei danni, spese ed interessi di lite" se non avesse restituito i volumi: non sappiamo come finì la questione, ma i manoscritti non si sono più trovati.
Si è invece ancora conservato un salterio-innario, oggi alla Biblioteca Nazionale di Torino, riferibile al monastero in base al calendario che riporta evidenziate le feste dell'8 maggio e 29 settembre, canoniche per il culto dell'arcangelo e osservate in tutto l'Occidente, e soprattutto quella del 29 maggio, tipica del San Michele della Chiusa, perché commemorante la costruzione della sua prima chiesa.
Il codice è decorato con una serie di iniziali dorate, grandi,che si stagliano sui riquadri azzurro intenso, completate da lunghe code grafiche e ornati a filigrana rossa e blu. Questa decorazione, assai diffusa, può collocare l'opera alla metà del secolo.
Nel 1478, sotto l'abate commedatario Giovanni di Varax, vescovo di Belley, viene indetto un capitolo generale, con oltre cento monaci, in cui si prescrivono norme per la disciplina e il restauro del monastero.
Circa i libri si obbliga chi li ha in prestito alla restituzione immediata, pena la scomunica, e all'obbligo di cauzione e restituzione per prestiti futuri. Si vieta ai laici l'accesso al Tesoro se non in presenza del priore e di tre monaci o dei depositari delle chiavi. Al tesoriere spetta il compito di far rilegare i libri di uso quotidiano, di avere cura dei paramenti e arredi e di fare annualmente un inventario di quanto custodito. Queste rigide disposizioni fanno pensare a un momento in cui con troppa facilità di accedeva al Tesoro e in cui regnava un grande disordine. Il testo di disposizioni capitolari non parla neanche più di Biblioteca, ma di generico Tesoro.
Costanza Segre Montel, Università di Torino
Sabato 8 maggio 1993