La Storia e le storie

E' vero che Il Nome della Rosa è stato girato alla Sacra? Quante volte ci è stato chiesto da qualche visitatore che, con il naso all'insù, cercava di scorgere la fine dello scalone dei morti e di capire cosa l'aspettava nella luce abbagliante oltre il varco del Portale dello Zodiaco. Questo è quello che scrive Umberto Eco in una lettera al Rettore dell'Abbazia datata il 20 febbraio 1995. "Caro Rettore ...

"Correzzola, 18 novembre 1832. - Trovandomi in una villa del Padovano, io posi mano a scrivere questo libro, a sfogo dell'animo mio addolorato e forse anche a conforto altrui". Così Rosmini stesso introduce quest'opera. Analoga indicazione, ma più completa la pose anche nel suo Diario personale: "1832, 18 Nov. - Trovandomi a Correzzola con l'amico Mallerio, tutore del duca Melzi a cui appartiene quella villa, cominciai a scrivere il libro Delle cinque piaghe, che poi compii l'11 marzo 1833. Ma rifusi l'ultima piaga a Stresa nel Novembre del 1847".

Secondo gli studiosi, la motivazione prossima che lo spinse a por mano a questo scritto, scaturì da uno scambio epistolare coll'amico Niccolò Tommaseo in cui avevano affrontato con calore e passione i molti rivolgimenti politici, sociali e religiosi a loro contemporanei, con una particolare attenzione allo "stato di salute" del cristianesimo e della chiesa cattolica. Non erano loro ignote le varie proposte di noti scrittori e studiosi che auspicavano una restaurazione religiosa, da Chateaubriand a De Maistre, da De Bonald ad Haller e De Lammennais, dal Lambruschini al Capponi.

Nella lettera che scrive a Rosmini, l'amico Tommaseo lamenta delle continue e diffuse sopraffazioni tra individuo e individuo, tra governanti e governati, tra nazione e nazione, ed è convinto che ciò dipenda dal costante allontanamento dal cristianesimo, che pare dominare tutta la società: "... la Buona Novella, la quale dopo diciotto secoli è tuttavia nuova per il mondo che l'ha sentita senza comprenderla...". Quella libertà ancora bramata, ma tutt'altro che realizzata. Solo la legge di Cristo "costituirà veramente i regni e le repubbliche a libera obbedienza, ad obbediente libertà". La stessa realtà ha investito anche la Chiesa cattolica e "nessuno dei governanti considera la questione da questo lato: se i loro nemici vedono nella religione un ostacolo, essi, i governanti non ci vedono che uno strumento".
Di fronte a tanto scempio non si può più tacere: "credo che ogni sorta di superbia, sia contro gli uomini sia contro Dio, meriti d'essere finalmente dispersa; e poiché la lotta è ormai inevitabile, io la credo ormai destinata a rivelare il pensiero di molti cuori... quando tutte le verità tacciono, un uomo, pochi uomini, devono, a costo della vita, gridarle".

Rosmini risponde all'amico dal Sacro Monte Calvario di Domodossola pochi giorni dopo. Gli manifesta il suo modo di vedere gli avvenimenti e, alla sua impulsività ed appassionata irrequietezza, contrappone la tranquillità del buon cristiano che per quanto riguarda la Chiesa di Gesù Cristo si fida ciecamente della Provvidenza di Dio: "La Chiesa nei suoi santi mostra una sapienza più alta ancora, una sapienza non intesa dal mondo, anzi chiamata stoltezza: ella fugge i beni materiali, vive d'astinenza, di mortificazione, di volontaria povertà, ed ha scritto sul suo cuore: beati poveri... Ben è vero che dalla radice della povertà nasce un frutto contrario alla madre: le ricchezze corrono là dove questa povertà si è mostrata, ecco come si è arricchita la Chiesa, ecco l'unico mezzo con cui la religione del Crocifisso può giungere a dominare gli interessi materiali. Ma oh quanto il consiglio di Dio è alto sopra i consigli degli uomini! Allorché la Chiesa è carica delle spoglie d'Egitto come di altrettanti trofei, allorquando pare divenuta l'arbitra delle sorti umane, allora solo ella è come impotente; è come Davide oppresso sotto l'armatura di Saul. Quello è il tempo del suo decadimento e l'Eterno che vigila sui suoi destini, dopo averla così umiliata, averle fatto conoscere che è composta di uomini soggetti alla tentazione; dopo averle mostrato per amara esperienza che colo in lui è forte e può confidare, mosso a pietà di lei, concede alla ferocia del secolo di buttarsi sui beni temporali della Chiesa e farne bottino, riducendola in tal modo a quella sua originaria semplicità che, amabile sopra ogni bellezza muliebre, trae di nuovo a sé tutto, per tutto nuovamente deporre al cenno non degli uomini ma dello Sposo..."

Lo scambio epistolare però stimola il Rosmini ad approfondire di più l'argomento, analizzandone le cause e cercando le possibili soluzioni. Rosmini amava profondamente la Chiesa e vedeva come gli era stata tolta la sua libertà. Libertà di esistere, di formarsi, di governarsi, di organizzarsi per esercitare il suo ministero spirituale e di usare dei mezzi anche materiali di cui venisse in possesso legittimamente, secondo il diritto naturale e comune: nulla di più e nulla di meno. In questa libertà era stata ferita all'interno ed all'esterno, bisognava aiutarla!
Dedica quindi quel suo tranquillo soggiorno padovano a scrivere la sua analisi di ciò che nel distendersi del tempo aveva a poco a poco corroso questa libertà della Chiesa indicando alcune possibili vie per rimediarvi. Quando nel marzo del 1833 rientra al Sacro Monte Calvario di Domodossola, l'opera è quasi pressoché completata.

Ma Rosmini lascia "nel cassetto" il suo lavoro. Perché? L'Europa uscita dal Congresso di Vienna era costituita da nazioni fortemente intenzionate a "restaurare" lo status precedente al ciclone napoleonico con un assolutismo giurisdizionalista che non voleva lasciare spazio a nessuna riforma per quanto moderata, neppure per la Chiesa cattolica. Egli l'aveva ben sperimentato, quale suddito dell'impero asburgico, nelle avventure occorsegli per la pubblicazione del suo Panegirico alla gloriosa e santa memoria di Pio VII che stampò anonimo, fuori dall'impero, a Modena nel 1831. E lo sperimentava anche per l'approvazione civile ed ecclesiastica della nuova famiglia religiosa da lui fondata, l'istituto della Carità

In vero queste aspirazioni non erano solo di Rosmini, altri in Europa nutrivano gli stessi sentimenti e desideri.
Nel 1825 un giovane professore di storia della Chiesa dell'università di Tubinga, Johann Adam Möhler, pubblicava una sua opera intitolata L'unità della Chiesa, ossia il principio del cattolicesimo, esposto nello spirito dei Padri della Chiesa dei primi tre secoli, in cui si poneva questa domanda: "Quale è il principio, cioè l'essenza intima, la realtà primordiale, il principio essenziale del cattolicesimo?", e rispondeva: "L'essenza del cattolicesimo è l'unità". Nel 1832, anno della stesura delle Cinque piaghe, appariva la prima edizione di un'altra opera del Möhler: La Simbolica,  espressione del pensiero maturo dell'autore. Anche se di per sé non è un'opera dedicata alla Chiesa, vi sono alcuni principi ecclesiologici che vengono ad integrare e perfezionare quanto scritto precedentemente su L'unità, ed il punto centrale è questo: "il grande intervento di Dio nella storia dell'uomo, nella sua vita religiosa e sociale, è l'incarnazione del Verbo... Ma il suo potere concreto, storico, non può venire trasmesso alle generazioni in modo puramente spirituale: è necessario che sia tramandato in modo a sua volta concreto, visibile. Ed ecco la Chiesa".
Nell'ottobre del 1845 un altro evento suscita profondo scalpore in Europa: nel Regno Unito il dottor John Henry Newman, illustre docente dell'Università di Oxford e ministro anglicano, già appartenente al cenacolo riformista anglicano "Oxford mouvement", annuncia il suo passaggio alla Chiesa cattolica romana e pubblica un suo studio dal titolo: Lo sviluppo della dottrina cristiana, in cui fondamentalmente sostiene che la fedeltà alla rivelazione cristiana è possibile solo rimanendo nella Chiesa Cattolica "Considerando i doni singolari e le solide pretese della Chiesa di Roma e dei fedeli che ne dipendono... In quale modo potremmo giustificare l'opposizione che ora le facciamo? In quale modo potremmo evitare di essere presi da un tenero sentimento nei suoi riguardi e di entrare in comunione con lei?...". E nel "Poscritto" finale: "Dopo avere scritto questo saggio, l'autore è entrato nella Chiesa cattolica. Era sua intenzione e suo desiderio pubblicare il libro prima di giungere a quest'ultima decisione. Ma il libro era solo parzialmente stampato quando vide essersi formata in lui la convinzione che l'esito della discussione qui intrapresa era vero e, quindi, gli risultò chiaro di dover soprassedere ad ogni deliberazione ulteriore".

Libertà della Chiesa per Rosmini, unità della Chiesa per Möhler, fedeltà alla Chiesa per Newman, sono dunque i tre pilastri su cui si erigeva il meglio del pensiero cattolico di riforma della Chiesa in Europa.

Don Gianni Picenardi

Antonio Rosmini, Le cinque piaghe della Santa Chiesa, Edizioni Rosminiane Stresa, 2012

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