La Storia e le storie

E' vero che Il Nome della Rosa è stato girato alla Sacra? Quante volte ci è stato chiesto da qualche visitatore che, con il naso all'insù, cercava di scorgere la fine dello scalone dei morti e di capire cosa l'aspettava nella luce abbagliante oltre il varco del Portale dello Zodiaco. Questo è quello che scrive Umberto Eco in una lettera al Rettore dell'Abbazia datata il 20 febbraio 1995. "Caro Rettore ...

Il motivo del contrasto fra l'arcangelo Michele e il demonio costituisce un elemento ricorrente negli antichi testi italiani a carattere drammatico; esso si inserisce nel più generico quadro della lotta fra i principi opposti del bene e del male - perno di moltissime opere, teatrali e non - in cui il tema agonistico, oltre a quello demoniaco, segnala il probabile travaso in clima cristiano di forme drammatiche arcaiche di stampo pagano; nel contesto del dramma sacro, questo scontro vede fronteggiarsi personaggi divini e diabolici.

Il tema del dramma ricompare in una delle sacre rappresentazioni fiorentine; le testimonianze storiche in nostro possesso permettono di apprezzare quale fosse la funzione di questo e di altri testi nella vita pubblica e religiosa della Firenze medicea negli anni 1434-1492, periodo che va dal ritorno di Cosimo il Vecchio alla morte di Lorenzo il Magnifico;, il loro utilizzo era fondamentalmente legato ai festeggiamenti in onore del patrono, San Giovanni Battista, "momento celebrativo complesso composto di svariati elementi, religiosi, politici, sociali, militari, ludici"; la festa, che si sviluppava in più giornate intorno al 24 giugno, "aveva una collocazione precisa all'interno dei cicli stagionali dell'anno, abbracciando l'intero periodo solstiziale alla fine del periodo primaverile e all'inizio di quello estivo". Come nota Casini, "i riti e i giochi di quei giorni costituivano una sorta di apice intenso che chiudeva la primavera, iniziata con la festa popolare del Calendimaggio... e segnata dal ritorno a una vita lieta della popolazione cittadina dopo le ristrettezze quaresimali. Allo stesso tempo però il giorno di San Giovanni coincideva col momento all'inizio dell'estate ed era così l'ultimo grande momento di festa, quasi una sorta di 'secondo carnevale', prima dell'estate stessa, stagione pericolosa a causa di possibili epidemie".

I festeggiamenti in onore del patrono erano finanziati e regolamentati dall'autorità pubblica e accuratamente preparati da tutta la popolazione nei giorni precedenti: "inizialmente l'intera celebrazione dovette consistere in una processione solenne di tutta la popolazione religiosa e laica della città, e dei rappresentanti delle terre di contado sottomesse ai fiorentini": essa aveva non soltanto una forte valenza rituale, ma anche risvolti politici, consentendo di "ribadire la presenza di un ordine stabile... e talvolta di onorare la Signoria con la sospensione delle attività economiche e giudiziarie", nonché sociali, permettendo alla devozione popolare di farsi protagonista, "eliminando, in momenti di grave incertezza comunitaria, le normali suddivisioni sociali".

La descrizione della festa di san Giovanni dell'anno 1454 fornitaci da Matteo Palmieri contiene interessanti spunti di riflessione:

Per san Giovanni 1454 si mutò forma di festa, la quale era usata a farsi a dì 22 la monstra; a dì 23 la mattina la processione di compagnie, fra, preti e edifici; la sera l'offerte <de' gonfaloni; e poi il dì di San Giovanni la mattina l'offerte>, e el dì el palio. E riordinorsi in questo modo cioè: che a dì 21 si facesse la mostra. A dì 22 la mattina la processione di tutti gli edifici, e quali detto anno furono e andarono come appresso dirò:

  1. El principio mosse la Croce di Santa Maria del Fiore con tutti loro cherici fanciulli, e drieto a loro sei cantori.
  2. Le compagnie di Iacopo cimatore e Nofri calzaiuolo con circa 30 fanciulli vestiti di bianco e agnoletti.
  3. L'edificio di san Michele Agnolo, al quale soprastava Iddio padre in una nugola, e in piaza, al dirimpetto a' Signori, fecero rappresentagione della battaglia angelica, quando Lucifero fu co' sua agnoli maledetti cacciato di cielo.
  4. Le compagnie di ser Antonio e Piero di Mariano con circa a 30 fanciulli vestiti di bianco e agnoletti.
  5. L'edificio d'Adamo, che in piaza fe' rapresentatione di quando Iddio creò Adamo e poi Eva, fe' loro el comandamento, e la loro disubidienza in fino a cacciargli di paradiso, colla tentazione prima del serpente e altre apartenenze.
  6. Un Moysè a cavallo con assa' cavalleria de' principali del popolo d'Isdrael d altri.
  7. L'edificio di Moisè, el quale in piaza fe' la rapresentatione di quando Iddio li dié la legge.
  8. Più profeti et sibille con Ermes Trimegisto ed altri profetezatori della incarnatione di Cristo.
  9. L'edificio della Nuntiata, che fe' la sua rapresentazione.
  10. Ottaviano imperadore con molta cavalleria e calla Sibilla, per fare rapresentazione quando la Sibilla gli predisse dovea nascere Xristo e mostrògli la VErgine in aria con Xristo in braccio.
  11. Templum pacis coll'edificio della natività e per fare la sua rappresentazione. [...]
  12. Un magnifico et trionfale tempio per edificio de0 Magi, nel quale si copria un altro tempio ottagulare ornato di sette virtù intorno, et da oriente la Vergine con Xristo nato, e Erode intorno a detto tempio fe' sua rappresentazione.
  13. Tre magi con cavalleria di più di 200 cavalli ornati di molte magnificenzie, et vennoro a offerere a Xristo nato. Intralasciossi la passione et sepultura, perché non parve si convenisse a festa, e seguì:
  14. Una cavalleria de' cavalieri di Pilato ordinati a guarda del Sepolcro.
  15. L'edificio della sepoltura onde risuscitò Xristo.
  16. L'edificio del Limbo, onde trasse e Padri sancti.
  17. L'edificio del Paradiso, dove misse dicti Santi Padri.
  18. Gli Apostoli e le Marie, che furono presenti all'Asuntione.
  19. L'edificio dell'Asuntione di Xristo, cioè come quando salì in cielo.
  20. Cavallerie di re, re, [sic] e reine, e damigelle e ninfe con cani e altre apartenenze al Vivo e Morto.
  21. L'edificio del Vivo e Morto.
  22. L'edificio del Giudicio, con barella de' Sepolcri e Paradiso e Inferno, e sua rapresentasioni, come per fede si crede sarà in fine de' secoli.

Al di là della finalità pedagogica, recentemente messa in luce, di questo genere drammaturgico "inizialmente inventato per servire alla edificazione di fanciulli riuniti in compagnie devozionali specificamente create per la loro eduzione morale, e in seguito immesso anche in altri contesti di spettacolo" - il che spiegherebbe la ripetuta allusione del Palmieri alla presenza di 'fanciulli', una sessantina in tutto, che sfilavano vestiti di bianco con sembianze di "agnoletti" - la cronaca dello scrittore fiorentino testimonia con assoluta chiarezza che, nel corteo che rappresentava la redenzione umana dalla creazione al giudizio finale, il primo 'edifizio' metteva in scena proprio la battaglia angelica tra Michele e Lucifero.

La circostanza appare confermata dal ricordo di un anonimo spettatore greco che, venuto a Firenze nel 1439 per il concilio fra le Chiese d'Oriente e d'Occidente, dà un giudizio, fra il meravigliato e lo scandalizzato, sugli spettacoli del San Giovanni:

Il 23 giugno fanno una grande processione e una festa popolare, in cui compiono dei prodigi, quasi dei miracoli o rappresentazioni di miracoli. Infatti, fanno resuscitare i morti, S. Michele calpesta i demoni, mettono in croce un uomo come Cristo, rappresentano la resurrezione di Cristo; fanno fare a uomini i Magi, con uomini allestiscono la nascita di Cristo; con i pastori, la stella, gli animali e la mangiatoia. Poi vanno in processione con statue e reliquie di santi, immagini e venerande croci; precedono sempre le trombe e altri strumenti musicali. Che dire del fatto che ad un monaco fecero rappresentare S. Agostino, lo misero ad un'altezza di 25 braccia e lì camminava su e giù e predicava? Fecero fare a mimi gli eremiti colla barba, che camminavano in alto con piedi di legno: spettacolo impressionante! Vedemmo anche delle statue, alcune molto grandi, altre alte, che camminavano con pesantezza. Che dire di S. Giorgio, che rappresentava il miracolo del drago?

La critica si è in passato interrogata sul significato della descrizione di Palmieri dal punto di vista drammaturgico, vale a dire se le 'rappresentazioni' da lui citate potessero essere drammi veri e propri o semplici pantomime; la Newbigin, discostandosi dalle precedenti posizioni, opta risolutamente per la prima ipotesi ritenendo che, dei ventidue elementi descritti dal Palmieri, tre fossero puramente decorativi, sei fungessero da trait d'union fra un 'edificio' e l'altro con sfilate, cavalcate e cortei in costume e tredici fossero carri sui quali, alla maniera dei cicli inglesi, francesi o tedeschi, si svolgeva effettivamente una rappresentazione che incorporava azione gestuale e verbale; non solo, ma la studiosa ritiene possibile circoscrivere un nucleo di testi che venivano adoperati e variamente modificati di anno in anno.

In questo contesto, la rappresentazione della creazione risulta corrispondere ai primi due 'edifici'; il particolare non è di poco conto se raffrontato con il testo pervenutoci, che ingloba in un'unica realizzazione tre episodi distinti: la creazione del mondo, in cui si innesta la caduta di Lucifero, la storia di Adamo ed Eva e quella di Caino e Abele. E' evidente che, pur incorporati in un'unica redazione scritta, tali episodi richiedevano almeno due luoghi diversi, corrispondenti ad altrettanti allestimenti scenici, che la cronaca di Palmieri effettivamente documenta. Secondo la Newbigin, l'allestimento del primo "edificio" doveva essere brillante, con nove torri, corrispondenti ai nove cori angelici, "molti luminari, angeli (forse i fanciulli delle compagnie pie, vestiti di bianco) che cantavano tutti sormontati da un palco da dove veniva cacciato Lucifero". A livello di impatto emotivo sul pubblico, la separazione anche fisica di questo episodio dai successivi doveva comportare un risalto notevole della messa in scena dello scontro angelico, con un rilievo dei personaggi coinvolti che l'anonimo visitatore greco, che non a caso della rappresentazione della creazione ricorda solo la scena in cui "S. Michele calpesta i demoni", non mancò di sottolineare.

Laura Ramello, Università di Torino

Da AA.VV., L’Arcangelo Michele: dalla storia alla leggenda, a cura di G. Casiraghi, Stresa 2012, pp. 304, € 25,00

 

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