La Valle di Susa

In Valle di Susa nel fluire della storia sono passati grandi personaggi e sono state elevate insigni testimonianze di cultura: la Sacra di San Michele, l'arco di Augusto, la chiesa di S. Restituto. Le montagne hanno fatto corona a questi transiti e incorniciano queste memorie; di esse così ha scritto Onorio di Autun: "I monti sono patriarchi e profeti: essi parlano e insegnano come maestri raccolti nel silenzio".

Le costruzioni romane, le abbazie benedettine, i castelli e i forti sono un'eredità  e un monito per l'uomo di oggi, che al suo sopraggiungere a queste longitudini è invitato ad abitare nelle opere d'arte e dopo questo soggiorno diventare migliore. Ogni luogo deve peraltro essere vissuto per ciò che esso significa: e giustamente Nicolò s Gomez Dàvila ha osservato che le cattedrali non sono nate per incrementare il turismo.

Aspetti in cima e ai piedi dei monti, scritti con la luce della valle, vestigia di glorie antiche e risorse "per il nostro tempo.

A 1180 mt. sul livello del mare, sulla destra orografica della  Dora Riparia , su un ameno pianoro circondato da un bel bosco di conifere si eleva o, forse meglio, si nasconde il Forte del Sapè. Ci si trova infatti di fronte al maestoso portale in pietra scolpita dopo una bella salita, su strada sterrata,  tra pini, abeti e larici una volta abbandonata la frazione Champbons di Exilles .

Tipico forte dell’epoca Triplicista (progettato nel 1884, terminato nel 1886 e poi dismesso per obsolescenza già nel 1928) sorse con altre opere vicine col compito di potenziare il ruolo di interdizione del forte di Exilles. L’aumentata potenza e gittata  delle artiglierie e l’individuazione di luoghi dove l’avversario avrebbe potuto piazzare suoi cannoni per battere il forte principale (Exilles) spinse il Regio Esercito a realizzare opere accessorie proprio in quei luoghi. Sorsero così  le opere di Fenil, Case Garde, Serra la Garde e, appunto, Sapè.  Era armato con 8 cannoni disposti su piazzole scoperte (in “barbetta”). Due diverse “batterie” rivolte a ovest ed a nord avevano ciascuna una coppia di piazzole- sotate di due cannoni- intervallate dalle loro riservette di munizioni. Singolare la parte abitativa che si affacciava su un cortile che era letteralmente una fossa ben più profonda del piano campagna circostante. 

La percezione della vastità dell’opera richiede attenta osservazione perché l’enorme fossato, i muraglioni perfetti,  costruiti con migliaia di  pietre lavorate a mano, sono letteralmente nascosti da conifere ed arbusti che ne  occludono ogni prospettiva (oltre a, spesso,  smantellare i predetti muri con le loro radici invasive). Aggirandosi nelle sue enormi strutture, che svelano ad ogni angolo “chicche” costruttive ed architettoniche,  si resta sgomenti al pensare che una traccia così pregevole del passato locale venga lasciata al più completo oblio e, cosa ben più grave, ad un irrimediabile degrado. E’ lì che viene in mente che sarebbe auspicabile che il Parco del Gran Bosco di Salbertrand (sul cui territorio insiste il forte) si attivasse per incentivare il disboscamento dell’opera e del suo perimetro previo accordo con gli enti interessati (Demanio, Comune di Exilles).  

La speranza è l’ultima a morire e qui và di pari passo con l’amore per la propria terra e la sua storia.

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