Inauguriamo oggi la resa pubblica di un importante lavoro di recupero delle informazioni dagli archivi storici de La Stampa compiuto da un nostro volontario nel corso dello scorso anno. Un vero e proprio viaggio indietro nel tempo, quello così offerto, non attraverso rielaborazioni moderne di antiche emozioni, quanto e piuttosto attraverso la testimonianza concreta dei protagonisti di quegli accadimenti, o dei loro testimoni, secondo le loro stesse parole.
Non tutti gli articoli, ovviamente, avranno un profondo carattere di importanza da un punto di vista strettamente storico, ma, comunque, aiuteranno a meglio comprendere come era vista e vissuta la Sacra un secolo fa, piuttosto che cinquant’anni fa, piuttosto che venticinque anni fa, aiutandoci a scoprire, o riscoprire, alcuni aspetti dimenticati della stessa.
Buona lettura…
Alla “Sacra” in carrozza
Alla “Sacra”, (e quando si dice “Sacra” i torinesi sanno che si intende parlare dell'abbazia di San Michele alla Chiusa, sentinella avanzata nella valle di Susa), alla “Sacra” ci si arriva comodamente, se non si ha il gusto matto di inerpicarsi tra le rocce, per la mulattiera che da Sant'Ambrogio raggiunge la cima del monte Pirchiriano con un andamento abbastanza rapido a relativamente comodo. Le signore che non amano contendere con i sassi e non vogliono mettere alla prova la resistenza del loro garretti e la solidità delle loro scarpine, per salire alla “Sacra” e godersi, con la serena vista del laghi, il magnifico panorama delle due valli che dall'alto si dominano, ricorrono volentieri ai muli. Faticano meno e ridono di più. I giovani e gli appassionati dello ascensioni preferiscono andare a piedi. Non ci vogliono ore per superare il dislivello dal piano d! Sant'Ambrogio alla punta rocciosa della quale l'Abbazia, varia, movimentata nelle sue linee, come so fosse intagliata nei massi e non costruita su di essi, forma un naturale compimento; ed è cosi mutevole il panorama che si presenta che il marciare lentamente ed il soffermarsi spesso, è motivo di continua gioia. Per la discesa, chi non vuol riprendere la mulattiera, e non è afflitto dall'idea di scendere a capriccio, rischiando di dover fare qualche salto pericoloso o qualche ritorno non desiderato, si affida alle slitte che funzionano in qualunque epoca dell'anno e con qualunque tempo. Non si tratta di slitte da neve, ma da sassi ; specie di gablò che non temono sobbalzi o rovesciamenti. Non si scivola; si rotola. Non vi è pericolo di ammaccatura, perché i guidatori sono gente sicura e provetta, e si ha la certezza che, a discesa ultimata, anche il pranzo più abbondante è digerito.
I torinesi peccano del brutto vizio di trascurare od ignorare lo bellezze che hanno a duo passi dall'uscio di caso propria per interessarsi magari dei nonnulla che possiede e sa valorizzare il vicino; eppure, nonostante questo difettuccio, ogni anno si calcola che più di diecimila persone si rechino a visitare l'Abbazia. Il numero è notevole. Anche se si tiene conto che ogni luogo ha i suoi fedeli, e questi sono capaci di tornare nella località, preferita, tre, quattro, dieci volte all'anno, la cifra risulta ugualmente considerevole. E' notevole, ma so ci si riflette suvien fatto di pensare che i visitatori della Sacra dovrebbero essere molti di più. La gita offre molte attrattive. L'Abbazia è una meraviglia architettonica, una gloria paesana; per l'opera in se stessa, per i secoli che ricorda, per il luogo ove sorge, nido da aquile. Battuta in pieno dal sole è incandescente: presa nel gioco delle nebbie e dello nubi assume aspetti fantastici, pittoreschi, quasi soprannaturali; negli incanti di una notte lunare si fa leggendaria. Massimo d'Azeglio talmente se ne innamorò che minutamente la descrisse in un suo volume, e no fece motivo di molte sue composizioni. Chi ci fu una volta, ci torna. Chi non sa che cosa sia ha il dovere di visitarla.
Ora un gruppo di distinto ed egregie persone. Innamorate del luogo e persuasa che la “Sacra” può essere meta di molte gite, e costituire un magnifico posto di villeggiatura, tanto il sito è ricco di verde e fresco di acque, riunendosi e discutendo, è venuto nella persuasione che basterebbe migliorare le comunicazioni tra il piano e il monte perché le diecimila persone che ogni anno si inerpicano sul Monte Pirchiriano, si raddoppiassero, triplicassero. Ed ha progettata una strada, che dovrebbe muovere da Giaveno, seguire quella comunale già esistente tra Giaveno e Mortera e da Mortera, con un tratto nuovo e relativamente pianeggiante, dovrebbe toccare il villaggio di San Pietro, che sta con i suoi castagneti, all'ombra della chiesa millenaria. Un'opera utilissima, non eccessivamente costosa e relativamente di facile costruzione.
Abbiamo sott'occhio il progetto o la relazione che lo accompagna (progetto dovuto al geom. Bettolasco, un tecnico di valore e un innamorato della località e dello storico tempio, centro di ricordi e tomba di Re), e riteniamo interessante riferirne i dati principali. L'intento che si propongono i promotori ai questa impresa (vi sono tra essi persone di molta autorità e di molta esperienza) ci sembra pratico Provincia e paesi interessati debbono fare proprio il progetto e provvedere a mettono In esecuzione.
La strada dovrebbe muovere da Giaveno. Nella comunale Giaveno-Mortera, per evitare le eccessive pendenze, verrebbero fatte delle leggere varianti, e ciò ad evitare la curva strettissima che si ha colla strada attuale all'uscita dal concentrico e la susseguente pendenza. Passando intorno alle prime caso di Mortera, la nuova strada andrebbe a raccordarsi colla mulattiera detta del Principi, che seguirebbe per un primo tratto, salvo a riprenderla poi, dopo aver percorso un tracciato nuovo, per passare alcuni metri più a monte del ponticello sul rio della Crocetta ad evitare le opere d'arte costose che renderebbe necessario il sottostante burrone. Ripresa la mulattiera del Principi, la nuova strada si staccherebbe poi definitivamente da essa più in alto per evitar le contrapendenze negli avvallamenti del Rio del Fico, costeggiato quindi uno sperone roccioso, la strada seguirebbe l'andamento del terreno sin sotto li Monte Faro. Attraverserebbe poi il rio San Michele ove troverebbe un raccordo colla parte inferiore dell'abitato di San Pietro. Nessuna contropendenza e pendenza massima del 6.50 per cento; espropri limitati e non eccessivamente gravosi. La nuova strada, secondo i calcoli che vengono fatti dai progettisti importerebbe, tra espropri, scavi, inghiaiamento, costruzione di opere d'arte, una spesa di 566 mila lire. Spesa relativamente minima In confronto al movimento che determinerebbe della regione.
La carrozzabile Giaveno-Mortera-San Pietro (il tronco San Pietro-“Sacra” non è ancora studiato che in massima, ma potrebbe anche essere ammesso, par non destare troppi allarmi fra coloro che vogliono che l'eremo resti isolato) non rappresenta un'idea totalmente nuova. E’ nuovo cioè ti tracciato ma non il proposito di creare per la Sacra di San Michele una via comoda per le carrozze e per le automobili. Si pensò un tempo, ad una strada dal versante di Sant'Ambrogio o della Chiusa, ma furono tali le difficoltà tecniche che si incontrarono che il progetto venne abbandonato. Fallita questa idea, vi fu chi sostenne doversi fare un prolungamento della strada di Valgioie attraverso il colle Bralda, ma anche questo progetto fu abbandonato e per le pendenze eccessive e le contropenderne inevitabili. La nuova strada, a detta del tecnici competenti e fra quante vennero ideate la migliore. Il suo andamento altimetrico è ottimo. Esposta completamente a levante, non incassata, come tutto le strade di valico, ma libera, ha i caratteri che sono indispensabili per una buona conservazione A percorrerla in carrozza sarà come essere su di un belvedere: dall'alto si domina, coi laghi di Avigliana, tutta la valle padana, prolungata sino alla “Sacra” consentirà d'ammirare la valle di Susa sino a Bussoleno.
Le obbiezioni che i fedeli della Abbazia di San Michela alla Chiusa fanno ad ogni progetto di strada carrozzabile che faciliti le comunicazioni tra il piano o la cima del monto Pirchiriano, hanno carattere puramente sentimentale. Alla “Sacra” dicono, si sale per religioso senso di devota pietà e perché questa gioia sia completa devo essere guadagnata con qualche difficoltà e fatica. Giustissimo. Ma non bisogna vietare la possibilità di visitare il caratteristico monumento a chi non ha la possibilità e il tempo di far delle ascensioni, anche se limitate come è quella della “Sacra”. I progettisti della nuova strada è a questo che mirano; per gli altri, i devoti della solitudine e della conquista, rimarranno sempre a disposizione le pareti rocciose e i canaloni tutte pietre sdrucciolevoli.
In queste giornate, che sono ancora d'inverno, ma che in sul meriggio, è già primavera, una gita alla “Sacra” è raccomandabile. La carrozzabile non c’è ancora, ma vi è mezzo di sincerarsi che l’iniziativa è buona.
03 febbraio 1924