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Sempre dal nuovo numero di Sacra Informa, da poco pubblicato, riportiamo il saluto del nuovo Rettore della Sacra di San Michele, don Claudio Massimiliano Papa.

In qualità di nuovo rettore della Sacra di San Michele, mi sembra doveroso stendere un breve saluto ai lettori di “SACRA INFORMA”, rivista che, come noto, viene pazientemente e fedelmente redatta da alcuni benemeriti volontari della Sacra.
Come già molti sanno, sono originario di Milano, ma ho vissuto larga parte della mia vita religiosa – gli ultimi trent’anni circa – a Roma, presso la basilica di San Carlo al Corso, prima come studente, poi come rettore, quindi come superiore della provincia italiana dell’Istituto della Carità, carica che ho svolto per questi ultimi nove anni. Da circa vent’anni, poi, sono anche postulatore della causa di canonizzazione del beato Rosmini, impegno che continuo tuttora. Capirete quindi che nel mio arrivo alla Sacra, dopo così tanti anni trascorsi piacevolmente nell’ambiente romano, mi sento un po’ simile al mio lontano predecessore, padre Francesco Puecher, che fu primo rettore nel 1836. Il Puecher, quasi sempre vissuto al capo opposto d’Italia, davanti all’obbedienza di Rosmini che lo manda quassù, non era troppo convinto, ed era un po’ timoroso nel dover affrontare tutti i problemi pratici (ed erano molti) che gli si prospettavano dinnanzi.
Ma Rosmini vince le sue paure con un semplice consiglio, valido ancor oggi: «non va bene scusarsi, ritirarsi, impiccolirsi, il che tutto è a scapito dell’Istituto; ma conviene andare avanti, operare, e fare come si può» (1), confidando in Dio.

Quale augurio a tutti i lettori, e quale chiave di lettura della mia presenza qui, vorrei richiamarmi proprio all’origine della Sacra nella mente di Rosmini, il cui progetto iniziale era di «tenere un convitto di persone secolari che, deposte le idee del mondo e rinunziato alle vanità terrene, cercano pace nella solitudine del chiostro» (2). Mi pare che oggi, di questa antica idea si debba tenere vivo il principio. Vorrei, cioè, che le decine di migliaia di visitatori che ogni anno ascendono a questo “culmine vertiginosamente santo” trovassero qui non soltanto il panorama stupendo, il monumento simbolo del Piemonte, le vestigia di un glorioso passato, gli echi manzoniani dell’Adelchi, il fascino romantico dello Scalone col ricordo dei suoi monaci che anticamente vi erano esposti a ricordare la brevità della vita; bensì, soprattutto, un luogo di preghiera, di silenzio, di elevazione dello spirito, un’oasi di acqua dello Spirito in questo arido deserto che è la vita quotidiana sempre più secolarizzata. Così, come nelle oasi, il viandante ristorato potrà riaffrontare il deserto esistenziale di ogni giorno con rinnovato fervore e, arrivato visitatore, ne ripartirà pellegrino. Mi piacerebbe credere che il visitatore, arrivato col cumulo delle proprie pene e preoccupazioni nel cuore, possa trovare da noi un po’ di quella pace che – attraverso le bellezze naturali e architettoniche, ma soprattutto attraverso la parola e l’opera dei volontari e dei religiosi rosminiani – Dio solo sa infondere negli animi. Perché, come dice il nome stesso del nostro Santo arcangelo, Michele: chi è come Dio?

DON CLAUDIO M. PAPA

(1) A don F. Puecher, 20 ottobre 1836 (Epistolario completo, lettera 2952).
(2) Al card. Placido Tadini, 2 maggio 1835 (lettera 2546). Il Tadini, arcivescovo di Genova, aveva proposto a re Carlo Alberto i rosminiani quale congregazione adatta a rilevare la gestione dell’antica Abbazia.

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